"Il magnanimo Attico della stimatissima gens dei Terenti ha lasciato le sue spoglie mortali ponendo il suo incarico nelle mani di un fidato nipote, Vittorio detto Optimus. Galante e Onesto lo ricorderemo come uno dei migliori cittadini romani e abile pretore che ha innalzato il nome del nostro impero nella lontana Giudea."
Jericho rileggeva il comunicato che era stato pervenuto
nella sua villa a Roma con sdegno e disgusto. Tante parole ricamate a puntino,
vuote e senza senso che servivano più a gonfiare l'ego dei mortali che le
avevano redatte piuttosto che tessere le lodi di quella magnificenza che era
stato in vita. "Branco di beceri caproni" commentava mentre finito di
possedere una concubina si versava una coppa del suo sangue e lasciava riposare
la sventurata nel letto ancora nuda e con uno stupido sorriso ebete sul viso.
Ora che era morto, ancora gli faceva strano pensarlo,
stava riconsiderando le azione fatte in vita e più che ritrovarsi, come molti
mortali al tramonto dei propri giorni, con rimorsi e rimpianti, continuava a
non scorgere il minimo errore e si stupiva della perfezione della sua condotta.
Più ripensava ai suoi successi e più, però, si rendeva conto di quante figure
scialbe gli avevano fatto sprecare tempo e parole e così, ora che era tornato a
Roma e si era dato allo studio dei pensieri dei più grandi letterati, nasceva
in lui un sempre più profondo disgusto per coloro che non fossero eccelsi o in
qualche modo interessanti. Si rincuorava di avere accanto, in quella non vita,
Costanza che tanto in vita gli era parsa una valida scelta quanto ora era la
conferma del suo intuito formidabile ed arguto e del suo buon gusto. Una donna
con un corpo di venere e la mentalità da uomo che poteva possedere quando
voleva, non diventava gelosa o capricciosa e nemmeno una bambinetta e
soprattutto lo intratteneva con discorsi sulla cultura e organizzando
strategie. Quello si che era un ottimo esemplare di valida compagnia, come era
stato brillante a cogliere l'opportunità di aggiungerla al suo seguito, che
mente, che genio, che mortale insuperabile! E poi la cara Valeria, l'unica
donna che gli avesse mai rotto una parte del suo corpo. Grintosa, forte,
decisa. Quanta maestria nel farsi notare da lei... sì, era stato proprio bravo
ma ora, che altro fare?
Più passavano gli anni, più l'esercito si riempiva di femminucce
isteriche e codarde, gli imperatori si susseguivano in un'apoteosi di vergogna
e ridicolo e lo sfacelo del mos maiorum lo accoglieva ogni notte che si
svegliava e guardava al di fuori della sua stanza da letto su quella città a
cui un tempo aveva giurato la sua più estrema fedeltà.
I tempi erano cambiati, lui era sfuggito alla morte ma
Roma non era stata così abile e dunque il nuovo oltre uomo, ribattezzatosi
Jericho, decise di impiegare i secoli a migliorarsi e viaggiare. La morte gli
aveva donato una sete di sangue ma ciò che davvero aveva inasprito era la sua
fame di potere. La politica di Roma lo stancava e deludeva, semplicemente avere
una rete in pugno in un singolo impero, per quanto espanso, non era abbastanza.
Spettava a lui solo creare una comunità dotata solo dei migliori esponenti
della società umana, un circolo che mai lo avrebbe deluso, un posto dove gli
antichi valori potevano continuare a vivere e non deperire mai.
Iniziò a partecipare al circolo del Giulii, rifiutandosi
di chiamarli Invictus specie considerando come la storia aveva ripagato le loro
aspettative. Qui si sentì accolto e molto più a suo agio che nei ranghi delle
milizie “moderne”.
Qui divenne intimo conoscente di Clara Aquileia e guadagnò
la stima di Antonio Fulvo creando con loro un triumvirato tra Ventrue per
discorrere di politica, civiltà estere e come dovesse essere gestita la
società.
Nei primi anni del suo soggiorno secolare a Roma pubblicò
libri sulle memorie di Attico, la spedizione in Giudea e dei saggi storici sulla
terra e la civiltà ebraica. Riorganizzò la servitù e le sue proprietà
assicurandosi delle terre nelle campagne di Roma, luoghi isolati che usò spesso
per incontrarsi con Valeria o Clara, licenziò la servitù e assunse due custodi
che doveva badare alla casa senza però usufruirne come magione.
Tramite epistole carpì l’attenzione di senatori e
letterati che spesso invitò a cena e con intrattenne buoni rapporti,
opportunamente levando loro i ricordi del suo volto e assicurando al nome dei
Terentii una fama da filologi, antropologi e saggi. Lo stesso Lucio Anneo Seneca fu spesso suo
ospite e Jericho ne aveva una così curiosa affezione che lo legò a se tramite
un vincolo e ben presto, con il passare degli anni e la recita della sua morte,
divenuta necessaria per ostilità politiche, il caro Seneca divenne un suo
fidato compagno e fu l’ombra di Jericho che camminava al sole. Aveva vinto
anche su quella legge, si sentiva in cima al mondo ma ancora non era
soddisfatto. Un simile destino capitò allo scrittore di origini africane Publio
Annio Floro che si finse morto nel 130 e spinto dal vigore che la presenza e i
poteri di Jericho gli conferivano divenne suo fedele servitore e lo trattò con
la stessa devota sottomissione di un fedele.
Con la cara Valeria e la sua coppia di compagni Ventrue
partì verso la Britannia, qui Clara e Antonio decisero di restare per redarre
un’opera storiografica, solo con la sua stimata compagna giunse nella terra dei
Germani, poi scese sulle coste africane e infine giunse nell'impero dei
persiani.
Con suo estremo piacere qui incontrò Costanza e con una
delizia inferiore Vonones. Si fece consegnare dai suoi ghoul dei libri sulle
filosofie locali e l’astrologia, materia che aveva solo udito vagamente da
Costanza ma di cui non si era mai interessato in vita. Tra la piccola corte di
vampiri della zona ebbe il piacere di fare la conoscenza di Ashem Garshasp, un gangrel
astrologo morto un centinaio d’anni prima. Garshasp aveva un fascino orientale
come Vonones ma modi molto più calmi e contenuti, era un uomo di cultura,
appassionato di filosofie esotiche e peculiari per le abitudini di Jericho ma
la sua compostezza e il carisma che trasudava nel parlare lo convinsero ad
usufruire della sua presenza e instaurare una sorta di amicizia.
Successivamente il
quartetto si decise a continuare la loro vacanza esplorativa e giunse in Cina.
Quella società parve come un mondo alieno e nuovo per Jericho che ne fu
affascinato e si assicurò di far ben presto conoscenza con qualche personalità
illustre dei vampiri del loco così da poter intrattenere una ferrea
corrispondenza anche fosse stato lontano. Si intrattenne dunque in discussioni
filosofiche con Zhang Wei, un Meket di circa centovent’anni.
Tornarono poi a roma ove
Valeria e Vonones rimasero in torpore per tutto il quarto secolo, Jericho fu il
custode del corpo della sua sire e nel mentre approfittò della compagnia di
Costanza per imparare il greco e discorrere con lei di astrologia, filosofia e
farsi raccontare le sue scorribande.
Una volta risvegliati fu
il turno di Vonones e Valeria di custodire il sonno del torpore di Jericho e
Costanza. Agli albori del sesto secolo, risvegliati dal sonno rinvigorente,
Jericho notò come l’aria notturna che lo accolse aveva il sapore di un triste
ammonimento. Decise dunque di partire alle volte di Costantinopoli con la sua
adorata compagna per continuare le sue peripezie didattiche e allontanarsi da
Roma che nelle sue attuali condizioni iniziava a dargli il voltastomaco.
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